Addio Sandro Galli, uomo libero

“L’esperienza non ha proprietà transitiva”; “l’anarchia è tutto ciò che allarga spazi di libertà”: queste sono due frasi che abbiamo sentito dire tante volte al compagno Sandro Galli, morto la mattina di domenica 14 ottobre 2018. A seguito di un ictus era stato ricoverato nella casa di riposo dell’Istituto Sant’Anna, di via Pizzardi 30, a Bologna, dove martedì 16 lo abbiamo ricordato e salutato con la nostra bandiera sulle note di “Nostra patria è il mondo intero”.
Schivo e appartato, per lo meno negli ultimi anni, passava comunque con regolarità al circolo anarchico Berneri per un saluto e per rinnovare l’abbonamento a Umanità Nova e ad A Rivista Anarchica. E quando lo si incontrava per strada era sempre piacevole scambiare due chiacchiere, con le quali quali si informava e interessava delle attività che i compagni e le compagne anarchiche mettevano in campo, in particolare sul tema dell’autogestione nei più diversi ambiti.
Nei decenni precedenti aveva partecipato a numerose iniziative del movimento in città e fuori; tra le altre cose ricordiamo il suo impegno nel gruppo Autogestione con sede in via del Carro, nella pubblicazione del periodico “La Questione Sociale” (anni Settanta e Ottanta) e nella Libera associazione di studi anarchici che a inizio anni Novanta ha organizzato giornate di studi e di dibattito (tra cui L’Utopia e la città a Bologna e Individuo e insurrezione a Firenze).
Sono anni, quelli dopo il ’68, intensi, di lotte e di dibattiti a volte anche molto accesi tra i compagni. Individualista, fa conoscere ai militanti più giovani i libri di Galleani e di Stirner, contribuisce alla scrittura del libro Ai compagni sulla Cina (Crescita Politica, Firenze, 1972) e dell’opuscolo Calabria. Decentramento regionale. Per un inizio di discussione tra i compagni (Bologna, 1974). È tra coloro i quali supportano con la sua presenza i lavoratori della fabbrica Beccucci che hanno piantato le tende in centro città e che si devono difendere anche dalle provocazioni notturne dei fascisti. 
Il suo nome è senz’altro legato a una battaglia che ha condotto con tenacia, ricevendo la solidarietà e l’appoggio del movimento, e infine vinto: quella per l’abrogazione dell’obbligo del giuramento di fedeltà alle leggi dello Stato (Codice Rocco compreso”, sottolineava lui) per tutti i dipendenti statali, obbligo che risaliva al fascismo.
È bene ricordarla:  la sua lotta inizia nel 1975, anno in cui si rifiuta di giurare; per questo l’anno successivo si ritrova disoccupato, “decaduto” dall’incarico di insegnante di applicazioni tecniche. Nel 1977 può riprendere l’insegnamento, prima come precario, quindi passato per legge “d’ufficio”: ma quando si tratta di giurare, ancora una volta si rifiuta. Per portare all’attenzione dell’opinione pubblica antifascista le ragioni del suo rifiuto e l’esigenza dell’abrogazione di quel giuramento, il 12 maggio 1980 comincia lo sciopero della fame. Dopo circa un mese e mezzo, in seguito a ripetuti collassi che fanno temere per la sua vita, viene ricoverato d’urgenza all’ospedale, ma anche lì non sospende la sua lotta. La attenua per pochi giorni per ricostruire le difese immunologiche del sangue, ma dal 10 luglio riprende con lo sciopero della fame “duro”, nutrendosi solo con acqua e zuccheri. A metà agosto è dimagrito di quasi venti chili. Tutto ciò lascerà conseguenze pesanti sul suo fisico negli anni a seguire. 
Il “caso Galli” balza agli onori della cronaca e all’attenzione di politici, amministratori locali e associazioni varie, che non perdono occasione per apparire aperti e democratici, cercando di strumentalizzare la cosa.
Il sindaco Zangheri si dà particolarmente da fare, mettendo un pullman del comune a disposizione di una delegazione di amici e compagni di Galli che va a Roma per essere ricevuta dal presidente della repubblica Pertini; scrive un articolo di simpatia e sostegno su “La Repubblica”; si fa promotore dell’abrogazione del giuramento per gli statali di Bologna e dell’Emilia Romagna. 
In una sua lettera aperta ai compagni, scritta il 25 luglio 1980, durante lo sciopero della fame, Galli scrive di essere “convinto che questo attacco all’istituto fascista del giuramento per affermare le libertà fondamentali di tutti, sia la continuazione dell’impegno che i compagni, ognuno secondo le proprie possibilità e volontà, hanno da sempre prestato. Ho pensato – continua – anche che fosse una risposta all’attacco repressivo dei governanti che inizialmente si era concretato con la carcerazione dei compagni (…). In questo mio impegno antifascista hanno rilievo i fatti e non le parole e sappiamo che il pensiero del compagno che opera non si esprime a parole né con esse si trasmette (…)”.
Quella che vuole affermare è una questione basilare di libertà, e lo fa con un metodo anarchico, quello dell’azione diretta. Riesce così a muovere le acque stagnanti della politica, a far discutere, a far riflettere, a mettere in discussione una pratica servile. Riesce, infine, a ottenere l’abrogazione della norma che imponeva ai pubblici funzionari di giurare fedeltà allo stato.
Nel 2013 è tra i circa tremila presenti all’incontro internazionale di Saint’Imier per il centicinquantesimo anniversario della fondazione dell’Internazionale antiautoritaria.
La sua figura è stata ricordata da “Repubblica Bologna” con un articolo in cui  Michele Smargiassi ringrazia il professor Galli “da parte di tutti noi”. 
Martedì 16 ottobre 2018 lo abbiamo salutato a modo nostro, con il drappo nero e rosso, i nostri discorsi, senza la croce sulla bara, come avrebbe voluto. Tante compagne e compagni, da diverse parti d’Italia, ci hanno fatto giungere il loro pensiero ricordando “l’amico e compagno di tanti decenni, la sua bella battaglia individuale e sociale di libertà”.
Ciao Sandro, viva l’anarchia!
I compagni e le compagne del circolo anarchico Berneri di Bologna 

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